martedì 20 settembre 2016

CHIUDIAMO LE SCUOLE: UN PROVOCATORIO E UTILE SUGGERIMENTO DI GIOVANNI PAPINI, DISSACRANTE SCRITTORE E FILOSOFO DEGLI INIZI DEL '900 CHE CONCEPIVA LA LETTERATURA COME AZIONE E IL PIU' AUTOREVOLE SOSTENITORE DELLO SVECCHIAMENTO DELLA CULTURA ITALIANA.

A BEN POCO SERVONO LE RIFORME DEL SETTORE SCOLASTICO QUANDO L' ATMOSFERA ALL'INTERNO DI QUEI CASERMONI CHIUSI E MALEODORNATI, CHE CHIAMIAMO SCUOLE, E' IDENTICA A QUELLA CHE SI RESPIRAVA NEI PRIMI ANNI DEL '900. E CIO' NONOSTANTE QUEL POCO DI COLORE IN PIU' E QUELLE PICCOLE DOSI DI IPOCRITA LIBERTA' E FINTI CAMBIAMENTI  CHE A NULLA SERVONO AI FINI DELL' INDIPENDENZA, DELLA LIBERTA' E DELL' AUTONOMIA DI STUDENTI, INSEGNANTI E PERSONALE ADDETTO.
di Antonio Tortora

Frontespizio del pamphlet pubblicato da Giovanni Papini nel 1914


Avemmo modo di leggere il libercolo di Papini alcuni anni fa e ritenemmo che in tale scritto, al di là dell'intento provocatorio del fine e battagliero scrittore, ci fosse molta verità e una quantità notevole di spunti di riflessione. Certo in questi ultimi tempi il contenuto del pamphlet, fortemente critico nei confronti di una scuola da sempre formale e tradizionalista, appare in forte contrasto con il pensiero dominante che vede nella scuola e nell'istruzione che in essa viene impartita, una panacea e un rimedio universale per tutti i mali della società; pertanto troppe speranze vengono riposte su un sistema che, viceversa, non produce alcun effetto sulla conoscenza vera occorrente per affrontare la vita. E gli effetti negativi possono essere osservati, macroscopicamente, in una società, come la nostra, fortemente condizionata dalla sterile trasmissione di conoscenze inutili, discutibili e molto spesso false "che poi bisogna disimparare, con fatica, per impararne altre da sè". Inoltre non prepara, nemmeno lontanamente, alla vita vera e reale in tutti quei contesti dove i futuri uomini dovranno vedersela con la durezza e la spregiudicatezza di regole non scritte imposte da quella che è stata, a suo tempo definita "asinocrazia" dominante. Sono infiniti gli esempi di mediocri e ignoranti che, in Italia, hanno raggiunto i vertici delle carriere più disparate dopo essere stati classificati dagli apparati scolastici e accademici i "primi della classe". E' una realtà sotto gli occhi di tutti che ha originato generazioni di incompetenti che hanno condizionato il vivere civile a tutti i livelli e che hanno favorito la predominanza di soggetti asinocrati che hanno saldamente stretto nelle loro mani le redini del Paese fino al punto da svenderlo economicamente, da renderne i confini culturali incerti e aleatori e da ditruggerne la storia nonchè i principi ispiratori.

Tratto da http://www.aforismario.net



Di fronte a tali accuse i burocrati di Stato e i tecnocrati della scuola si difenderanno con quella che Giovanni Papini definisce "grossa artiglieria della rettorica progressista ovvero le ragioni della civiltà, l'educazione dello spirito, l'avanzamento del sapere....."ma risulta talmente evidente che "la civiltà non è venuta fuori dalle scuole e che le scuole intristiscono gli animi invece di sollevarli" (e questo semplice concetto lo abbiamo tutti ben compreso sulla nostra pelle in giovane età scolare) e sopratturro che "le scoperte decisive della scienza non sono nate dall'insegnamento pubblico ma dalla ricerca solitaria disinteressata e magari pazzesca di uomini che spesso non erano stati a scuola o che non v'insegnavano". Anche i più coriacei sostenitori della scuola moderna dovranno necessariamente convenire sul fatto che, per come è concepita e nonostante le numerose, complesse, strane e incomprensibili riforme, l'istituzione scolastica ha contribuito alla "pietrificazione del sapere" e quello che è ancora più grave "al ritardare con testardi ostruzionismi le più urgenti rivoluzioni e riforme intellettuali". Cosicchè queste "pubbliche architetture" fra cui prigioni, ospedali, chiese, parlamenti, ministeri, conventi, manicomi e conseguentemente scuole nella più o meno precisa enumerazione snocciolata dal Papini, appaiono come luoghi di cui diffidare perchè destinati solo a rinchiudere, per tempi lunghissimi, uomini che invece dovrebbe vivere in libertà maturando e imparando a vivere nell'esperienza.

Tratto da http://www.aforismario.net



D'altra parte tutti noi abbiamo subito, e subiamo ancora per altri versi, la vita "artificiale e ristretta delle classi e dei collegi" con la conseguente rovina degli occhi giungendo alla miopia, il deterioramento dei polmoni e dei nervi con una maggiore incidenza di anemia e nevrastenia; fino a giungere a quella malattia inventata a tavolino che è la ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder) ovvero la famigerata sindrome da deficit di attenzione e iperattività che tanto preoccupa le famiglie e tanto arricchisce l'industria farmaceutica. Gli spunti di riflessione sono innumerevoli e doverosi proprio in un'epoca in cui si è costretti ad imparare, nel corso di lunghe e interminabili lezioni, cose inutili e false a fronte di una forzata tendenza che scoraggia o che addirittura impedisce la lettura dei classici e dei grandi libri e finanche il contatto personale con la realtà. I giovanissimi e gli adolescenti neanche sanno dell'esistenza dei libri e dei classici se non di quelle opere e di quei brani che sono obbligati a leggere e a studiare per avere un buon voto e parimenti non fanno altro che chattare da pc, iPhone e quant'altro senza avere rapporti veri e a viso aperto con i propri simili. Il che è cosa davvero grave perchè, lo sappiamo bene per averlo sperimentato continuamente, si impara molto di più nelle conversazioni a due o con più interlocutori piuttosto che in un'aula dove "a tutti vengono insegnate le stesse cose, nello stesso modo e nella stessa quantità" senza tenere minimamente conto delle infinite diversità che caratterizzano una pluralità di soggetti. Inoltre, ce lo siamo sempre chiesto, come si fa a "insegnare la pittura nelle accademie, il gusto nelle scuole di lettere, il pensiero nelle facoltà di filosofia, la pedagogia nei corsi normali e la musica nei conservatori" standardizzando e livellando verso il basso ogni talento e ogni genialità? Poi c'è il rischio ulteriore dell'istupidimento, non solo degli scolari come fino ad ora si è argomentato, ma anche dei maestri per cui"ripeti e ripeti anni dopo le medesime cose, diventano assai più imbecilli e immalleabili di quel che fossero al principio e non è dir poco"; anch'essi sono decisamente annoiati dai ritmi continui e ripetitivi, svuotati perchè difficilmente riescono a stimolare la creatività degli studenti, scoraggiati in quanto la stessa burocrazia scolastica gli crea mille impedimenti, e angariati da soggetti superiori gerarchicamente ma del tutto avvinghiati alle loro poltrone di preside, di capo d'istituto, oggi anche di manager (forse questa è una definizione più elegante? A noi pare una figura distaccata, disumana e drammaticamente lontana dal contesto che dovrebbe governare). Per i difensori dell'istituzione scolastica tout court "la scuola è il tempio delle nuove generazioni" e i manuali e i testi approvati dal Ministero sono i "sacri testamenti della religion pedantesca" ma ad un'osservazione, anche superficiale, del mondo che ci circonda francamente non ci pare che l'esperimento ultrasecolare abbia funzionato; anzi tutt'altro. Consigliamo loro di leggersi queste semplici ma chiare e forti parole scritte da Giovanni Papini con mente aperta e animo scevro da pregiudizi di casta; in alternativa o a completamento consapevole potrebbero anche leggere il paradossale ma umoristico saggio dello scrittore britannico William Hazlitt "L'ignoranza delle persone colte" che saggiamente argomenta "Chiunque è passato per tutti i gradi regolari d'una educazione classica e non è diventato stupido, può vantarsi d'averla scampata bella".

Per approfondire: Chiudiamo le scuole di Giovanni Papini https://sprofessori.noblogs.org/files/2011/01/Papini-Hazlitt1.pdf

mercoledì 14 settembre 2016

FU PUBLIO VIRGILIO MARONE IL VERO PATRONO DELLA CITTA' DI NAPOLI? PER OLTRE UN MILLENNIO SEMBRA PROPRIO DI SI.

IL LEGAME TRA IL POETA ROMANO VIRGILIO E LA CITTA' DI NAPOLI E' TALMENTE STRETTO CHE A DISTANZA DI OLTRE UN MILLENNIO, OVVERO DAL MEDIOEVO PERIODO IN CUI IL SOMMO VATE DIVENTA LEGGENDA, LA SUA FIGURA CONTINUA A IMPLEMENTARE LA CULTURA PARTENOPEA.
di Antonio Tortora

L'interno della tomba di Virgilio a Piedigrotta - Napoli (Foto di Antonio Tortora)

Siccome su Virgilio è stato detto e scritto di tutto, dando origine anche a tesi contrastanti, non desideriamo entrare in questioni di carattere storico-letterario ma ci interessa soprattutto esaminare, in maniera sintetica, i miracoli, i prodigi e le magie compiute dal Virgilio protettore della città per evidenziarne l'aspetto più esoterico e nello stesso tempo più coinvolgente del suo agire; non a caso sul suo epitaffio ancora oggi si legge: "Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope; cecini pascua, rura, duces" e l'omaggio alla città di Napoli, da parte del Poeta, è assoluto e incondizionato. Con ogni probabilità Virgilio rappresentò anche la summa di una immensa cultura, essenzialmente neoplatonica, che caratterizzò tutta la Napoli colta dell'epoca angioina e aragonese e che fu trasferita alla posterità da monaci amanuensi che dedicarono gran parte della loro vita alla conservazione e alla protezione della cultura scritta; ed è grazie a loro che il sapere greco alessandrino (a Napoli era insediata una importante colonia proveniente da Alessandria d'Egitto), la filosofia classica in genere, la matematica, l'astronomia (su base astrologica) e le conoscenze dell'alchimia spirituale e sperimentale, resero Neapolis la nuova Alessandria e cuore palpitante di studi e ricerche che ancora reggono il ritmo evolutivo del pensiero contemporaneo. Non va neanche dimenticata la pregevole e notevole raccolta di documenti e opere scritte che erano conservati nel Castrum Lucullanum.


Ingresso del Vergiliano a Piedigrotta (Foto di Antonio Tortora)


Ma questa è un'altra storia e vogliamo attenerci al tema a memento dei napoletani la cui memoria storica non va, generalmente, oltre la figura del più recente martire San Gennaro in qualità di principale protettore cristiano della città. In altri contesti geografici e culturali la figura di Virgilio è ufficialmente riconosciuta come poeta approdato all'ars poetica all'indomani di una crisi esistenziale generata da insuccessi clamorosi nel settore giuridico e oratorio; infatti il suo carattere schivo e riservato gli impedirono di esercitare la professione di advocatus. Nel contesto partenopeo, invece, Virgilio fu visto e considerato come artefice di prodigi, magus, sciamano e veggente, negromante, rabdomante e ancora una imprecisata quantità di altri sostantivi esoterici. Questo perchè intervenne magicamente e forse con l'intervento di entità non umane per sanare un territorio problematico e per beneficiare unicamente i suoi concittadini che per molti secoli lo hanno venerato, nonostante i tentativi della Chiesa di cancellarne la memoria.

Tratto da www.romanoimpero.com

Cosa fece per la città e per i napoletani? Proviamo a stilare una lista riepilogativa dei suoi interventi magici tenendo conto degli scritti di Donato in una sua agiografia del II° secolo, della "Cronica di Partenope" a cura di Antonio Altamura, de "Il Segno di Virgilio" opera straordinaria scritta dal Maestro Roberto De Simone, della "Descrittione dei luoghi antiqui di Napoli e del suo amenissimo distretto" di Benedetto Di Falco, di alcuni scritti di Paolo Izzo che pure si è soffermato sugli aspetti magico-esoterici delle azioni virgiliane ed ancora di numerosi altri volumi e documenti la cui lista completa richiederebbe troppo spazio.
Per prima cosa pare abbia realizzato un impianto fognario che in tal caso sarebbe una delle più antiche cloache dell'area europea antica; senza indugio convogliò le acque di numerose sorgenti al fine di far giungere l'acqua a tutte le fontane pubbliche della città, una sorta di opera di ingegneria idraulica essenziale per un sito così densamente popolato. Edificò mura di cinta possenti e inviolabili a tal punto da rendere la città inespugnabile, il che storicamente corrisponde a verità. Si sarebbe servito di conoscenze astrologiche per realizzare una mosca bronzea o forse d'oro per scacciare gli sciami di mosche che appestavano le zone paludose della città alla stessa maniera in cui una sanguisuga d'oro (riferimenti alchimistici) avrebbe sanato i numerosi pozzi dalla pericolosa ed eccessiva proliferazione di tali animali. Per guarire dalle più svariate malattie i cavalli presenti su tutto il territorio cittadino e nelle campagne limitrofe realizzò, sfruttando i segreti dell'arte fusoria, un cavallo di bronzo attorno al quale venivano fatti girare i veri cavalli che, per incanto taumaturgico, guarivano istantaneamente. I territori a quell'epoca erano letteralmente invasi dagli insetti pertanto eliminò il fastidioso e insopportabile canto delle cicale realizzando una cicala di rame sotto particolari influssi astrali; escogitò sistemi magici per conservare la carne sia fresca che salata per molto tempo garantendo ai napoletani un equilibrato e continuo approvvigionamento alimentare. Virgilio operò anche da un punto di vista meteorologico contrastando il Favonio, vento secco e caldo di ponente che i greci chiamavano Zefiro, costruendo una figura antropomorfa bronzea intenta a soffiare in una tromba contrariamente allo spirare del vento; così facendo garantì la stabilità di un clima favorevole alle coltivazioni (orti e vigneti) che insistevano all'interno e in prossimità delle mura cittadine, soprattutto in collina di fronte al Golfo partenopeo. Preoccupato della salute dei suoi concittadini ebbe modo di piantare un orto di erbe medicamentose e magiche per la cura delle più svariate malattie compresa la cecità con la famosa erba lucia (da cui la cristiana Santa Lucia patrona della vista); l'orto, di cui rimase traccia documentale negli archivi del Santuario di Montevergine fino al Medioevo, fu coltivato sul Monte Partenio nell'avellinese il cui nome deriva da Parthenias che significa vergine e non a caso lo stesso Virgilio, la cui radice onomastica parla da sè, era soprannominato per tutta una serie di ragioni "verginello". Oltre alla carne, all'acqua, alla salute e alle erbe provvide anche a un'altra componente essenziale della dieta partenopea ovvera al pesce, gettando in mare lungo la costa cittadina un pesce di pietra incantato che garantiva, in quel luogo, una continua e abbondante pesca. Simbolicamente, e non solo come diremmo noi oggi per arredo urbano, collocò ai lati di una delle porte cittadine, Porta Nolana, due marmoree teste da cui poter trarre previsioni e speranze ogniqualvolta ci si passava vicino; si trattava di una testa maschile dall'espressione contenta e gioiosa e di una testa femminile dalla mimica mesta e malinconica. Si occupò anche dell'ordine pubblico visto e considerato che durante le poco sportive e molto cruenti lotte che venivano periodicamente organizzate presso il sito di Carbonara ci scappava il morto; in tal caso impose l'obbligo di indossare corazze ed elmi riducendo sensibilmente il danno fisico. All'ingresso di Forcella, zona notoriamente infestata da vermi e serpenti anche di ragguardevoli dimensioni, fece lastricare l'intera strada con pietre mischiate a uno specifico sigillo magico; da quel momento non ci fu più alcuna paura di percorrere la strada completamente disinfestata. Ricorrere alla classe medica, già all'epoca, era piuttosto caro pertanto i più poveri e bisognosi non potevano permettersi quello che era considerato un lusso e morivano di continuo. Virgilio, non dimentichiamolo mai sciamano e taumaturgo, fece costruire bagni termali in tutta la zona flegrea, in particolare tra Baia e Pozzuoli, indicandone le innumerevoli proprietà terapeutiche. A tal proposito ci piace ricordare l'opera dell'autore medievale Pietro da Eboli che riportò analiticamente tali proprietà in un'opera dedicata allo Stupor Mundi, ovvero all'imperatore Federico II° di Svevia, "De balneis puteolanis". Purtroppo e inopinatamente i medici aderenti alla scuola medica salernitana non videro di buon occhio tale operazione e si affrettarono ad abbattere tutte le indicazioni stradali, le lapidi con le ralative prescrizioni e anche molte tracce delle sorgenti e delle vasche; ma furono puniti dagli dei che provocarono un nubifragio per cui tutti i medici perirono tra i flutti in prossimità della Punta della Campanella, tranne uno che ebbe il triste compito di testimoniare l'ira degli dei che, in quel caso e senza dubbio, parteggiavano per Virgilio e per l'intero popolo napoletano. Ma il nostro protettore non fu contento fino a quando non realizzò, in tempi brevissimi forse in una sola notte e con l'aiuto di migliaia di creaure extraterrene, che la Chiesa in un secondo momento bollò come demoni, la Grotta di Posillipo, chiamata anche Crypta Neapolitana, al fine di favorire il raggiungimento, da parte dei bisognosi di cure termali, di quei bagni salutari ed essenziali le cui qualità sono ancora oggi riconosciute pure dalla medicina dogmatica e ufficiale. A questa magnifica opera di ingegneria si aggiunsero poi le altre due vie sotterranee di Seiano e la Crypta Romana ad opera dell'architetto Cocceio Nerva. Nel caso della Crypta Neapolitana sono molti i riferimenti di carattere astronomico e astrologico e di sicuro in questo luogo venivano officiati riti del mitraismo e altri culti misterici e solari; non a caso una stele dedicata a Mitra fu rinvenuta giusto in posizione equidistante dai due ingressi, ovvero dal lato di Napoli e dalla parte di Pozzuoli. Infine, ma di sicuro in letteratura sono reperibili altre operazioni magiche virgiliane, come si narra nel trentunesimo paragrafo della "Cronaca di Partenope" l'uovo magico (palladio) fu consacrato al Castel dell'Ovo da cui tutta la storia della nobile e antica Napoli prende l'avvio. Qui è mirabilmente scritto: "Era in del tempo de lo ditto Virgilio un castello edificato dentro mare, sovra uno scoglio, come perfi' mo' è, il quale se chiamava lo Castello Marino overo di mare, in dell'opera del quale castello Virgilio, delettandose con soe arte, consacrò un ovo, il primo che fe' una gallina: lo quale ovo puose dentro una caraffa, la quale caraffa et ovo fe' ponere dentro una gabia di ferro suttilissimamente lavorata. E la detta gabia, la quale contineva la caraffa e l'ovo, fè ligare o appendere o chiovare con alcune lamine di ferro sotto uno trave di cerqua che stava appoggiato per traverso a le mura d'una cammarella fatta studiosamente per questa accasione con doe fossice, per le quali intrava il lume; e con grande diligenzia e solennità la fe' guardare in de la detta cammarella in luogo segreto e fatto siguro da bone porte e chiavature di ferro, imperochè da quell'ovo, da lo quale lo Castello pigliò il nome, pendevano tutti li fatti del Castello. Li antiqui nostri tennero che dall'ovo pendevano li fatti e la fortuna del castello Marino: zoè lo Castello dovìa durare tanto quanto l'ovo si conservava cossi' guardato".

Panorama sulla città dal Parco Vergiliano (Foto di Antonio Tortora)




mercoledì 7 settembre 2016

IL VERO NEMICO DEGLI ITALIANI E' LA BUROCRAZIA CHE SI ANNIDA DAPPERTUTTO ED ANCHE E SOPRATTUTTO NELL' ERA DELL' INFORMATIZZAZIONE HA PARTORITO UN' INFINITA' DI CENTRALI DI POTERE BUROCRATICO BLOCCANDO LA DEMOCRAZIA E LO SVILUPPO DI UN PAESE CHE LANGUE NELL' IMMOBILISMO.

In Italia il braccio armato della politica ovvero la Burocrazia scarica sul cittadino e sull'imprenditore, ormai inermi, tutto il peso di un potere autoritario, ottuso, implacabile e opprimente. Il cittadino è costretto sistematicamente a piegarsi di fronte a pubblici funzionari scarsamente intelligenti e a colletti bianchi interessati solo alla propria carriera, a tal punto da rinunciare ai propri diritti mentre le imprese non riescono a crescere e a progredire; anzi sempre più spesso non possono far altro che chiudere e scappare in altri Paesi dove chi lavora è ben accolto e non certamente angariato e tartassato.

di Antonio Tortora


"Burocrazia soffocante" Tratto da Intraprendente.it

"Parlare oscuramente lo sa fare ognuno, ma chiaro pochissimi" afferma Galileo Galilei in Considerazioni al Tasso e forse, chissà, aveva in mente la classe dei burocrati. Cosicchè è notorio che qualunque cittadino sia entrato in contatto con la burocrazia, a qualsiasi titolo, sia disposto a riconoscere che in Italia la pubblica amministrazione fa davvero schifo, dobbiamo dirlo senza mezzi termini, e non a caso gran parte della macchina amministrativa è gravemente colpevole in quanto responsabile delle disfunzioni, dei malfunzionamenti, dei disservizi nonchè degli inconcepibili ritardi che gravano su privati e aziende. Naturalmente anche aziende e organizzazioni non pubbliche, ad esempio quelle erogatrici di pubblici servizi per conto delle amministrazioni locali, evidentemente per emulazione e per garantirsi schemi di gestione del potere vessatorio su cittadini che vengono drammaticamente considerati sudditi, operano alla stessa maniera e ne ricalcano tutti i difetti. In effetti, quello che il sociologo tedesco Max Weber identificava brillantemente e concettualmente con il "potere degli uffici" e che dall'antica Roma, passando per Napoleone Bonaparte, per giungere alla italica contemporaneità che tutti conosciamo, si è consolidato, rafforzato e stratificato creando un paleoreticolo inestricabile di soggetti dotati di poteri vitali per il funzionamento del Paese, che non hanno fatto e non fanno altro che cercare di sopravvivere all'avvicendarsi dei nuovi appartenenti alla casta dei governanti e dei decisori nonchè ai finti o veri mutamenti dei sistemi politici e delle stesse forme di governo. Di rado emergono e diventano visibili alla pubblica opinione o perchè tirati in ballo da coraggiose inchieste giornalistiche oppure perchè coinvolti da investigazioni promosse dalla magistratura per fatti di cronaca e di corruzione. Di norma operano nell'ombra e, approfittando del can can e delle gazzarre che i media prezzolati scatenano periodicamente, studiatamente e all'occorrenza, contro una generica e inetta classe politica, continuano a manovrare vessando i cittadini, obbligandoli a cozzare contro bizantinismi normativi inconcepibili e funzionali al caos e ad un senso di impotenza imperanti da troppo tempo nel nostro Paese; ma quello che è più grave incentivano, in maniera scientifica e volutamente studiata ad arte, alla corruzione che è il vero flagello di un'Italia in dissolvenza. E ancora, giusto per scendere nello specifico delle azioni di cittadini che dovrebbero essere come tutti gli altri, con un nome e cognome, ma che in realtà sono dotati di poteri discrezionali ai limiti del sacro e dell'inviolabile da parte dei semplici e comuni cittadini, pongono freni, pastoie e veti; provocano rallentamenti e blocchi inspiegabili, concedono e ritirano autorizzazioni a loro piacimento, aggravano ogni processo amministrativo nonostante siano state varate leggi che esplicitamente lo vietano. In altre parole se ne fregano e vanno diritti per la loro strada, assisi sulle loro inviolabili e sconosciute poltrone di comando, riveriti come gli oracoli del mondo classico e pieni di quella prosopopea derivante dalla conoscenza minuta e capziosa di regole e strumenti normativi di cui sono i depositari indiscussi. Si perchè essi parlano una lingua incomprensibile al volgo ovvero quel burocratese verboso e pedante che può condurre all'impazienza e alla pazzia qualunque soggetto normale dotato di medio buonsenso. "Verwaltungssprache" in tedesco,  "jargon bureaucratique" in francese, "bueraucratic language"  in inglese sono tutti termini che indicano, nella cultura europea, quelli che possono essere definiti veri e propri limiti della scrittura e della speciale lingua amministrativa che però non dappertutto assume un significato così spregiativo e avverso come in Italia. Qui da noi sia il normale impiegato che il funzionario ministeriale, muovendosi a proprio agio, fra testi di leggi, regolamenti, normative e circolari, si coprono vicendevolmente, occultano deliberatamente gli errori spesso fatali per la cittadinanza e per le aziende private, si scambiano i posti di comando o gli incarichi attraverso cui transitano dinieghi e autorizzazioni, irrobustiscono quella rete di protezione invincibile che fa diventare gli uffici veri e propri "porti delle nebbie" dove quello che c'è diventa invisibile e quello che non c'è può comparire miracolosamente. Una sorta di complicità sotterranea di un numero imprecisato e mai censito di "colletti bianchi" i cui dirigenti di altissimo livello, spesso quasi mai visti sul posto di lavoro, guadagnano stipendi annui per centinaia di migliaia di Euro. Una palude burocratica in cui è impantanato il nostro Paese che è considerato uno dei paesi meno efficienti al mondo da un punto di vista burocratico o "legalese" se si preferisce; cosicchè siamo collocati al 15° posto nella Unione Europea e al 65° posto nel mondo; solo la Grecia e Malta sono peggio di noi in Europa, un ben triste primato davvero. Ogni artigiano o commerciante è obbligato a rivolgersi a un fiscalista con un notevole esborso per affrontare adempimenti burocratici che nemmeno i più accorsati e avviati studi di consulenza commerciale riescono ad affrontare a causa di una ridicola e inutile superfetazione normativa e legislativa che pure rientra, a nostro avviso, in quelle dinamiche frenanti poste in essere dalla burocrazia, dunque funzionali al sistema burocratico italiano. Se è vero come è vero che ogni sia pur piccola o media impresa spende circa 7/8mila euro l'anno per adempimenti burocratici e amministrativi è altrettanto certo che la stessa burocrazia italiana è colpevole di un vero e proprio genocidio imprenditoriale avendo provocato la morte, per cancro burocratico, di parecchie migliaia di aziende, solo negli ultimi decenni, che sono state costrette a fallire, per crediti non riscossi oppure raramente riscossi, dopo tempi biblici e magari dopo il suicidio dell'imprenditore che ha fornito beni e servizi fedelmente e per lungo tempo. In tutto il continente europeo non c'è altra burocrazia così cattiva pagatrice. Tali colpe ricadono, come un serpente che si mangia la coda, sulla classe politica che evidentemente si diverte a far impantanare il cittadino tra timbri, certificati, bolli, formulari, moduli, fotocopie e pratiche di varia e innumerevole natura, magari diverse da Regione a Regione; difatti i tempi medi di attesa agli sportelli sono aumentati di molto, stando a un recente studio dell'Istat, obbligando a file medie di oltre 20 minuti ma sappiamo perfettamente che nelle grandi città, soprattutto alle nostre latitudini meridionali, i tempi di attesa sono spaventosi. Dov'è finita la tanto sbandierata efficienza della pubblica amministrazione? Che fino hanno fatto tutte le finte riforme promesse o inutilmente realizzate? E la carta? Non se ne sarebbe dovuto limitarne l'uso? A noi non sembra. Chiunque si fa una passeggiata presso qualche ufficio, pubblico o privato, si rende immediatamente conto che si trova di fronte a una burocrazia invincibile che adotta le strategie di una guerra asimmetrica condotta spietatamente contro il cittadino che evidentemente viene ritenuto, da una burocrazia senz'anima, un mero suddito di un impero retrogrado che si regge sulle carte e sui permessi; essa tutto pretende dagli inermi cittadini che non comprendono quale ratio c'è dietro questo irresponsabile comportamento e nulla da agli aventi diritto se questi non passano dalle forche caudine di quel puzzo di chiuso nauseante che ristagna in uffici dove la polvere e la lentezza attestano che il Paese è rimasto irrimediabilmente al secolo scorso, almeno da questo punto di vista. Un' ultima cosa; quando si parla di pubblico impiego e di burocrati di norma si pensa che tutti coloro che storicamente hanno svolto tale ruolo siano sempre state ritenute persone per bene o comunque al di sopra di ogni sospetto poichè lo Stato per definizione dovrebbe tenerci ad assumere soggetti integerrimi, onesti e retti. Tuttavia la storia romana antica ci insegna qualcosa di diverso alla luce del fatto che già nel I° sec. a.C. l'imperatore Claudio decise di affidare grandissima parte degli uffici pubblici ai liberti ovvero agli schiavi affrancati cosa che da quel momento e per moltissimo tempo stette a significare che quegli impiegati si distinguevano per l'alto tasso di corruttela, per la capacità di intrallazzare e cospirare, per l'applicazione di un arbitrio personale su leggi e norme imperiali. Tutto ciò potrà apparire strano dal momento che negli ultimi secoli si è cercato di ammantare la pubblica amministrazione di rettidudine e di un sistema valoriale positivo tuttavia, con ogni evidenza, quell'impianto antico quanto strutturato di prevaricazione e di scorretta gestione dei poteri burocratici è geneticamente riemerso dalle brume della storia.

Immagine tratta dal Web