domenica 5 aprile 2015

La Chiesa di Santa Maria del Parto a Mergellina e la Tomba di Jacopo Sannazaro

C'è un significato esoterico nella Tomba dell'umanista arcadico napoletano Jacopo Sannazaro?

Quando si passa per Mirlinium, così come era chiamata Mergellina da alcuni cronisti del XIII° secolo o per Mergoglino, antico nome con cui fu chiamata in epoca aragonese, si prova la sensazione immediata di trovarsi in una posizione, quasi perfettamente baricentrica, che affaccia su un Golfo che, da sempre, affascina l'osservatore e il visitatore. D'altra parte non è un caso se Plinio, Svetonio, Seneca e Stazio ne hanno decantato la bellezza e il fascino quasi soprannaturale. Che dire poi di Silio Italico che individuò in una parte dell'insenatura la dimora nascosta delle Muse e di Virgilio che proprio in questo tratto di costa si attardò a comporre le Georgiche. In epoche più o meno recenti anche il Boccaccio, Gabriele d'Annunzio e la poetessa di origini armene Vittoria Aganoor Pompilj apprezzarono il sito dedicandogli pagine di liriche e osservazioni. Ma quello che ci interessa maggiormente sottolineare, vista anche la narrazione leggendaria che parla di un amore impossibile fra un pescatore della zona e una bellissima sirena che portò alla morte per annegamento del giovane che si chiamava proprio Mergellino, é la presenza della chiesa di Santa Maria del Parto fatta erigere dal Poeta Jacopo Sannazaro. Ed è proprio qui che si trova il suo sepolcro attraverso le cui forme rinascimentali viene espressa, con chiarezza e per dirla con Benedetto Croce "quella mescolanza di sacro e profano tanto caratteristica nella poesia del Sannazaro". 


Reportage fotografico di Antonio Tortora

Ma, a un'attenta analisi, si vede che il sepolcro é nella sua interezza di concezione profana; infatti si tratta di un vero e proprio trionfo di busti dedicati ad Apollo e Minerva, alla divinità non olimpica Pan, a Nettuno e a Marsia genio delle sorgenti e dei fiumi dell'Asia Minore mentre lo stesso busto del poeta è collocato fra due amorini. Il tutto di fattura michelangiolesca, con alcune incertezze sulla paternità delle opere; il dubbio risiede fra lo scultore fiorentino frà Giovanni Angelo Montorio e il napoletano Girolamo Santacroce. Ma questa é faccenda che riguarda gli storici dell'arte. Elementi di paganitas si riscontrano anche nell'epigrafe "Da sacro cineri flores: Hic ille Maroni Sincerus Musa proximus ut tumulo" scritta dall'umanista Pietro Bembo che, così facendo, paragona l'arte poetica del Sannazaro a quella di Virgilio. L'assenza di motivi religiosi o comunque legati alla teologia ufficiale obbligò i frati "Servi di Maria" a far aggiungere i nomi biblici di David e Judith al di sotto delle sculture raffiguranti Apollo e Minerva; in caso contrario il vicerè spagnolo avrebbe fatto rimuovere l'intera opera.



Slide Fotografica di Antonio Tortora

Il poeta, nella narrazione magico-allegorica dove si avvertono fortissimi l'influsso dei classici e il temperamento malinconico del Sannazaro, descrive le avventure iniziatiche di Sincero, pastore fra i pastori della mitica Arcadia laddove, per una delusione d'amore e forse anche di carattere politico, si immerge in un mondo fatto di Ninfe come Aretusa, Dei, miti pelasgici e fiumi sotterranei come l'Alfeo e il Sebeto. Qui risale all'origine della vita e di tutto ciò che lo circonda nella realtà materiale, perchè Arcadia viene dall' antica radice ARK  da cui Arceo e Arkeo che significano, rispettivamente in latino e in greco, "custodire" e "preservare" e da Arktos che si ricollega al mito polare dell'Artico e dell'orso dunque, simbolicamente, al Polo celeste, al Centro del Mondo ed infine a uno dei Centri della Tradizione Primordiale. Inoltre lo stesso nome del fiume Alfeo, carsico per eccellenza e destinato a ricomparire periodicamente solo per coloro che sono iniziati, deriva dalla prima lettera dell'alfabeto semitico, l'Aleph, e dalla prima lettera dell'alfabeto greco, l'Alpha, derivando simbolicamente da una testa bovina. A questo punto ci troviamo, esotericamente, ad osservare un viaggio iniziatico che prevede la fusione del potere fecondante del fiume Alfeo principio maschile, e della natura umida e femminile, di Aretusa intesa come Vacca. Le lettere derivanti da questa unione come anche tutti i concetti espressi in parole creano immagini e idee da cui la poesia, attraverso i suoni, vivificano le Selve di cui parla il Sannazaro nell'Arcadia e che corrispondono senza dubbio ai circoli poetici e alle Accademie. Tutto termina, nel dispiegamento poetico, quando Sincero rimane turbato da un sogno spaventoso che lo obbliga a tornare nella realtà visibile dove scopre, con amarezza, che la donna amata è andata, è morta riassorbita nel principio da cui tutto deriva.
Si tratta di materia complessa e che richiede conoscenze di carattere esoterico ma che, doverosamente, andava accennata perchè la suggestione del luogo descritto nelle slide fotografiche va vissuta recandosi sul posto e osservando con attenzione i dettagli dell'opera.
Va da se che anche l'opera di Jacopo Sannazaro "De Partu Virginis", più tarda rispetto all'Arcadia, suscitò scandalo fra i contemporanei che ne contestarono l'arditezza classica e pagana su di un tema, come la nascita del Cristo, che doveva essere per forza trattato nell'ambito dell'ortodossia e nel rispetto dei canoni teologici. Ma questa è un'altra storia.


"Va', dalla tua amata, e quando sarai riemerso dal mare, mescolati con la fonte, e siate un'acqua sola"
                                                 (Luciano: Dialogo di Poseidone e Alfeo)






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